Charlie Hebdo, perché pubblicare (o no)

14 Gennaio 2015 • Libertà di stampa • by

Questa settimana il nuovo numero di Charlie Hebdo è andato in edicola, curato dai giornalisti e vignettisti sopravvissuti all’attacco della scorsa settimana. Il giornale, stampato con una tiratura di tre milioni di copie, è arrivato nelle edicole italiane in allegato al Fatto Quotidiano. La copertina della nuova edizione del settimanale satirico francese mostra un’immagine di Maometto in lacrime che regge un cartello con la scritta “Je suis Charlie” e il titolo “Tutto è perdonato”.

Molti giornali hanno pubblicato l’immagine nella sua totalità. Libération e Le Monde in Francia e Frankfurter Allgemeine Zeitung in Germania hanno postato la copertina online, ma molte emittenti di servizio pubblico non lo hanno fatto, o l’hanno inquadrata brevemente. La Bbc, ad esempio, ha mostrato per poco la copertina durante la rassegna stampa di Newsnight. Negli Usa, Washington Post, Usa Today, LA Times, Wall Street Journal, The Daily Beast e CBS News hanno mostrato l’illustrazione, ma il New York Times non lo ha fatto. In Australia, ABC ha mostrato la copertina, ma con un avvertimento per i suo i lettori. Nel Regno Unito, invece, il Guardian ha invece mostrato la nuova copertina di Charlie Hebdo in quanto “ha valore di notizia e merita di essere pubblicata”.

La questione si era comunque già aperta prima della presentazione della nuova copertina, avvenuta ieri. Il New York Times e altre testate negli Usa, ad esempio, sono state massacrate dai lettori e dai blogger per non aver pubblicato le vignette di Charlie Hebdo dopo gli attacchi di Parigi. Dean Baquet, executive editor del quotidiano americano, è stato talmente colpito da una critica da aver dato dello “stronzo” su Facebook a un professore di giornalismo.

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La nuova copertina di Charlie Hebdo

Marc Cooper, giornalista e associate professor alla University of California, aveva parlato della decisione del New York Times come di un atto di “assoluta codardia”, postando sul suo profilo Facebook una domanda per Baquet: “Quante persone devono essere uccise prima che il tuo giornale mostri cosa ha provocato i killer? Evidentemente, 23 persone colpite, comprese 12 vittime non sono sufficienti”. Secca, come abbiamo visto, la risposta di Baquet al post.

Quando Politico ha poi chiesto a Baquet di commentare, il manager della Dama Grigia ha risposto via mail dicendo che “molte persone non sono d’accordo con la decisione e molte di queste sono all’interno del Times. Per me, il commento di Cooper era arrogante e molesto e gli ho detto cosa pensavo”. Le opinioni sull’opportunità di pubblicare le vignette di Charlie Hebdo sono molteplici, abbiamo raccolto le più interessanti.

“State dalla parte di Charlie Hebdo e informate il vostro pubblico. Mostrate le vignette”
Uno dei maggiori critici della scelta della non-pubblicazione è stato Jeff Jarvis, che ha definito senza mezzi termini la scelta del NyTimes come “una stronzata”: “se sei un giornale da record, se sei il più alto esempio del giornalismo americano, se ti aspetti che gli altri si schierino dalla tua parte quando i tuoi giornalisti sono sotto minaccia, se rispetti la tua audience e la sua capacità di farsi la propria opinione, allora dannazione stai dalla parte di Charli Hebdo e informa il tuo pubblico pubblicando le vignette”.

“C’è una linea tra l’insulto gratuito e la satira e molte delle vignette sono insulti gratuiti”
In un post, Margaret Sullivan, public editor del New York Times, ha riportato la difesa di Baquet della decisione di non pubblicare: “abbiamo degli standard che manteniamo da molto tempo e servono anche per noi: c’è una linea tra gli insulti gratuiti e la satira e molte delle vignette sono insulti gratuiti”.

Altri organi di stampa americani come Associated Press, Cnn, Fox News, NBC e MSNBC non hanno deciso di non pubblicare o mostrare le vignette: se da un lato difendono la libertà d’espressione, non vogliono essere visti come disseminatori di contenuti che alcuni lettori o spettatori possono trovare offensivi. Al contrario, molte testate online come BuzzFeed, Huffington Post e Gawker hanno riprodotto alcune delle vignette e hanno puntato il dito verso altre testate che, al contrario, hanno manipolato le immagini oscurando alcuni dettagli. Come riportano Bloomberg e Gawker, inoltre, il New York Times aveva pubblicato alcune vignette “offensive” prima che Baquet fosse nominato executive editor.

Il traffico è una ragione per pubblicare le vignette?
Matthew Ingram ha parlato con membri di alcuni media online trovando un interesse genuino per la difesa della libertà d’espressione. Allo stesso tempo, però, si è chiesto se la possibilità di generare traffico online potesse essere una delle ragioni in favore della pubblicazione. “Alcune testate hanno mostrato le vignette perché sapevano che essendo controverse avrebbero generato molti click?” si è chiesto il giornalista di GigaOm, “nessuno lo ammetterà mai per ragioni ovvie, ma non posso smettere di pensare che possa aver avuto un ruolo parziale, anche per quelli che hanno sentito la necessità di difendere la libertà di stampa”.

La posizione del Guardian
Il Guardian, con un editoriale, ha sostenuto la necessità di sostenere il diritto di Charlie Hebdo di stampare quello che vuole e il suo di rifiutarsi di mostrare le sue vignette: “il punto cruciale è questo: sostenere l’inalienabile diritto di un giornale di fare le proprie decisioni editoriali non si traduce automaticamente nell’amplificare quelle decisioni: difendere il diritto di qualcuno a dire quello che preferisce, non ti obbliga a ripetere le sue parole”.

Articolo tradotto dall’originale inglese

Photo credits: Ben Ledbetter Architect / Flickr CC

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