Il futuro precario del giornalismo in Ucraina

27 Maggio 2016 • Libertà di stampa, Più recenti • by

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Un fotografo nella villa dell’ex Presidente Ucraino Yanukovychleaks. Credits: Roberto Maldeno / Flickr CC

“I gornalisti possono salvare l’Ucraina”, così  POLITICO Europe intitolava un recente articolo di Sergii Leshchenko, già giornalista investigativo e ora membro del parlamento di Poroshenko, lo scorso 11 Dicembre 2015. I giornalisti, sosteneva Leshchenko, sono le persone che per definizione fanno notare i lati negativi dell’odierna Ucraina. Sono loro a dare inizio alle indagini sulla corruzione e a portarle avanti, sono loro a cogliere gli sviluppi più recenti e a renderli di pubblico dominio. Grazie ai nuovi strumenti tecnologici e ai nuovi metodi di distribuzione dell’informazione, scriveva il giornalista ucraino, i giornalisti potrebbero presto liberarsi dall’influenza dello Stato e dalla loro dipendenza dai sussidi finanziari: “presto o tardi, gli oligarchi perderanno il loro monopolio dell’informazione”.

Questa idea sembra abbastanza ottimista, data l’attuale situazione dei giornalisti in Ucraina. Reporter Without Borders ha infatti riservato al paese il 107° posto (su 180) nel World Press Freedom Index – sostenendo che le organizzazioni mediatiche in Ucraina sono sotto costante pressione, molti canali televisivi sono stati comprati dagli oligarchi nel corso degli ultimi anni o dipendono dall’assegnazione delle licenze statali e che i giornalisti critici temono violenze che sono state solo di rado punite. Sotto il regime di Yanukovich, la libertà di parola in Ucraina è stata sottoposta a severe restrizioni e dopo la sua caduta la situazione è sembrata distendersi temporaneamente, ma anche ora i giornalisti sono soggetti a rappresaglie e, soprattutto nella regione della Crimea e del Donbass, temono per le loro vite. Il 9 Gennaio 2015, ad esempio, la reporter Marija Varfolomeeva è stata arrestata a Luhansk, accusata di spionaggio e condannata a 15 anni di carcere – ma il 3 Marzo 2016 il presidente Poroshenko ha annunciato il suo rilascio su Facebook. Si pensa che la libertà della giornalista sia stata scambiata con quella di due militanti russi.

Ma anche Petro Poroshenko non ha fatto mistero di vedere i giornalisti come una potenziale minaccia: nel 2015 il Presidente ha infatti imposto il divieto di accesso a circa 40 giornalisti stranieri, definendoli una “minaccia per la sicurezza nazionale”. Reporteres Without Borders ha definito questa come un’esplicita violazione della libertà di stampa. A seguito delle violente proteste internazionali, poi, molti giornalisti sono stati depennati dalla lista, ma in queste condizioni ancora nebulose, una domanda sorge spontanea: quale futuro attende il giornalismo ucraino, e quale futuro attende i giornalisti ucraini? Viktor Zablotsky, già Editor del desk internazionale del canale tv online hromadske.tv, ad esempio, non condivide l’ottimismo di Sergii Leshchenko.

presentando il suo canale televisivo a un gruppo di studenti di giornalismo di Ucraina e Germania nell’Ottobre 2015, Zablotsky ha esplicitamente dissuaso gli studenti ucraini dalla speranza di trovare un lavoro sicuro nei media: “dovreste vedere il giornalismo come uno step nella vostra crescita professionale, ma non come qualcosa su cui basare il vostro futuro”, ammoniva in quella occasione il giornalista. Hromadke.tv è stato lanciato ne 2013, ed è un prodotto delle rivolte di Euromaidan. A quel tempo tutti volevano un’informazione rapida sulle proteste, e le fonti più veloci non erano i media tradizionali, ma le persone come Viktor Zablotsky e le loro iniziative.

Con le fotocamere degli smartphone, hromadske.tv trasmetteva in streaming da Maidan a Kiev raggiungendo migliaia di spettatori in pochi giorni. Un rapido successo per il giovane canale, certamente, ma la realtà economica si è presto abbattuta sui 20 giornalisti e attivisti del team. Dopo che la situazione a Kiev si è rasserenata, l’argomento più “caldo” per il canale è scomparso, e con esso è andata perduta anche una grossa fetta di pubblico. Zablotsky sostiene che sia ora quasi impossibile guadagnare con un progetto simile: non a caso, egli stesso ora lavora come consulente di comunicazione pubblica per l’Ukrainian Social Investment Fund. “I problemi del giornalismo ucraino sono molto complessi”, sostiene Zablotsky, “e tutti i principali media di news appartengono agli oligarchi e non sono strumenti di business, ma di influenza pubblica e politica. In termini di business accumulano perdite, non profitti. E i giornalisti sono i principali strumenti in una guerra d’informazione fra un oligarca e un altro, o fra un oligarca e lo Stato Ucraino”.

Anche al di là dei pericoli per la sicurezza e della corruzione, la situazione dei giornalisti ucraini è difficile. “I salari sono bassi”, lamenta Zablotsky, “e non abbiamo una fonte di reddito unica e stabile che paghi per il lavoro professionale e tratti i media come strumenti di business. È per questo che i nostri giornalisti dipendono fortemente dai finanziamenti stranieri (come Hromadske.tv, ndr). Infine, non ci sono molte chance di diventare visibili e avere influenza su un grosso pubblico”. Inoltre, molti giornalisti ricevono pagamenti in nero: “questo meccanismo è dannoso e ti mette alle dipendenze del datore di lavoro. Persino il presidente ucraino Petro Poroshenko paga in nero i giornalisti del suo Channel 5”, sostiene ancora Zablotsky.

La ventiduenne Elina Saradova è una di quelle persone che, nonostante tutte le difficoltà, ha deciso di seguire una formazione giornalistica in Ucraina. Saradova frequenta il primo semestre del programma Master alla Kyiv Mohyla School of Journalism: “ho voglia di di investigare, di svelare problemi e raccontare storie che possano avere un impatto personale su chi le leggerà. In un certo senso, mi piace sentire la responsabilità che è inevitabile se si prende sul serio questa professione”, dice la studentessa che, allo stesso tempo, è consapevole di come sia necessario avere più di un’opzione di guadagno e per questo immagina di lavorare anche come traduttrice.

Otar Dovzhenko, invece, insegna giornalismo alla Ukrainian Catholic University di Lviv. Essendo egli stesso un giornalista e uno scrittore, trova parole molto chiare per descrivere la sua professione nel suo Paese di origine: “la maggior parte dei giovani che sceglie giornalismo è motivata dall’illusione che questo sia un lavoro romantico e profittevole. Molti di loro restano poi scioccati dalla realtà quando scoprono cosa voglia davvero dire essere un giornalista in Ucraina. Questo vale specialmente per i media tradizionali ed è il motivo per il quale i nostri studenti sognano di lavorare in agenzie di stampa internazionali o di fondare delle startup. Queste sono le uniche chance per mantenere i loro standard professionali”.

Dovzhenko sostiene che nel 2000 il giornalismo in Ucraina fosse ancora un lavoro prestigioso e redditizio, con salari medi di 1000 dollari nella capitale e di 500 dollari nelle regioni più periferiche. Dalla crisi finanziaria del 2008/2009, e soprattutto dopo il crollo del mercato nel 2013, invece, il giornalista ucraino medio guadagna appena da 200 a 300 dollari a Kiev e da 150 a 200 dollari nel resto del Paese. “È davvero difficile trovare un buon lavoro, specialmente se si è giovani e senza esperienza. Ecco perché il 60% dei laureati alle scuole di giornalismo non lavora in un’organizzazione mediatica”, dice Dovzhenko, ricordando anche come due terzi dei giornalisti ucraini siano donne.

Nel preparare i giovani giornalisti, Otar Dovzhenko vuole che questi abbiano familiarità con una vasta gamma di media e tecniche comunicative e che abbiano una solida cultura generale. Questo è il suo modo di prepararli al meglio per il futuro nel mercato dei media. Al momento, la televisione è ancora il medium più potente nel Paese, ma c’è la possibilità che possa presto essere sopraffatta dalle offerte online: “in Ucraina i giornalisti partono giovani (18-20 anni) e finiscono presto: dopo i 30 bisogna diventare editor o media manager, o lasciare il giornalismo per le PR, la comunicazione, la pubblicità o altro ancora”, sostiene il docente ucraino.

Nonostante queste amare prospettive, ci sono ancora molti giovani ucraini che considerano il giornalismo come la professione dei loro sogni e che sperano che questo mestiere possa essere la chiave per cambiare il paese in meglio. “Io sento che i giornalisti sono in grado di cambiare le vite delle persone o alcuni processi nel paese. E voglio farlo anch’io. Questo specialmente in relazione al giornalismo investigativo. Quindi in futuro mi piacerebbe lavorare come giornalista investigativa. In collaborazione con le Ong, ad esempio, i giornalisti sono le uniche persone che possono fare qualcosa contro la corruzione”, sostiene Maria Yuzych, 22 anni, studentessa dello stesso Master alla Kyiv Mohyla School di Elina Sardalova e autrice di una rubrica di tecnologia e innovazione per The Day. Maria crede che i giornalisti in Ucraina al giorno d’oggi siano provvisti di tutte le innovazioni necessarie per svelare la corruzione, per esempio grazie ai nuovi registri pubblici statali e agli open data. Sebbene sia ben consapevole che i salari in generale siano più bassi in Ucraina rispetto agli altri paesi, Maria considera vivere del lavoro di giornalista una possibilità realistica: “parlando francamente, non ho mai fatto nessun altro mestiere oltre a questo”.

Possono quindi i giornalisti ucraini salvare davvero il loro paese, come spera Leshchenko? All’inizio dovranno salvare se stessi e la loro professione. Tutti sperano che si crei un interesse internazionale per la loro situazione, perché più pressione pubblica si esercita sulle autorità, più chance ci sono per un cambiamento. Otar Dovzhenko ne è convinto: “provo a essere ottimista riguardo a tutto questo: i giovani sono meno dipendenti dalla propaganda e dalla censura e dal giornalismo in stile soviet e spesso vogliono lanciare un progetto media proprio con cui provare a guadagnare. I media tradizionali posseduti dagli oligarchi sono potenti, ma io spero che in 5-10 anni ci sarà un’alternativa”.

Questo articolo nasce nel contesto di un viaggio di tre giorni a Kiev svolto dagli studenti di giornalismo dell’Institute of Journalism della TU Dortmund. Un progetto di Tina Bettels-Schwabbauer, editor del sito tedesco dell’Ejo e Dariya Orlova, editor del sito ucraino dell’Ejo.

Articolo tradotto dall’originale tedesco da Giulia Quarta.

La Kyiv Mohyla School of Journalism è partner dell’Ejo in Ucraina

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