Le imprese mediatiche spesso accusano Internet di essere la maggior responsabile delle loro difficoltà, perché, facendo credere ai lettori che le news dovrebbero essere gratuite, la rete avrebbe fatto diminuire le vendite dei giornali e dei piccoli annunci e inserzioni a pagamento. Solo un esiguo numero di organi di informazione parla al contrario degli effetti positivi che scaturiscono dall’online, a partire dalla riduzione dei costi di raccolta delle notizie, l’offerta di una piattaforma di audience più vasta e globale o la spinta che obbliga i giornalisti ad avvicinarsi e, a volte, addirittura ad imparare dal proprio pubblico.
Il tema non è quindi limitato alla mera questione se Internet sia o no un fattore positivo o negativo, ma piuttosto su come i giornali riescano ad adattarsi in un ambiente diventato in pochi anni molto più competitivo a causa di Internet. Dal Reuters Institute Digital News Report dello scorso anno, abbiamo appreso che alcune imprese mediatiche riescono effettivamente a tradurre il successo che traggono dalla carta stampata anche alle loro pagine online. Nel Regno Unito, ad esempio, grandi nomi dell’industria delle news, come per esempio il Guardian, Sky News, la Bbc e il Daily Mail, riescono a sovvenzionare un parte della loro offerta su carta grazie anche alla rete, e il Guardian, addirittura, riesce a migliorare la qualità della sua offerta online in maniera significativa. In Francia, invece, Le Monde e Le Figaro, che vendono complessivamente poche copie cartacee, riescono a fare molto meglio in Internet. In Germania, invece, Der Spiegel esce vincitore dall’online, mentre le televisioni perdono terreno rispetto ad altri editori o motori di ricerca, che offrono un servizio di informazione, a cominciare da Google News.
Le imprese mediatiche che avranno ancora successo nel 2020 dovranno focalizzarsi su quattro spetti: il contenuto, la comodità, il pubblico e il profitto. Visto che il content business diventa sempre più affollato, le testate dovranno incentrare le loro strategie sui contenuti che offrono effettivamente un valore aggiunto ai loro lettori. Ciò significa andare oltre la vecchia formula “chi, cosa, dove?” e coniare piuttosto una nuova espressione “perché, come e cosa sarà la prossima mossa?” al fine di mettere le notizie in un contesto comprensibile ai lettori e spiegare loro cosa sia veramente di rilevante nell’enorme flusso di informazioni che girano senza sosta. Al contempo, le aziende di news devono investire in quelle nicchie di particolare competenza che un certo tipo di pubblico identifica con quella organizzazione in particolare.
La comodità diventa a sua volta più importante che mai, come la capacità di essere attivi su diversi canali. Le news devono essere accessibili ai lettori sempre e dovunque loro lo desiderino, sui computer, sugli smartphone, sui tablet e sulla carta. Tutto ciò ha certamente un costo notevole, ma le abitudini di comportamento cambiano molto velocemente. In termini di benefici questo mutamento significa che più gadget posseggono i lettori, più frequentemente questi daranno un’occhiata alle notizie. Può succedere che lo stesso lettore voglia avere un’esperienza diversa in tempi diversi, o leggere la stessa notizia da una differente angolazione, aver la possibilità di accedere a un aggiornamento veloce, oppure, altre volte, leggere un articolo che propone un’analisi approfondita, altre ancora poter sperimentare il piacere di leggere il suo giornale preferito nella sua completezza e ricchezza come se lo sfogliasse fisicamente.
Le aziende mediatiche che desiderano restare e crescere in questo business, nel prossimo decennio, dovranno sforzarsi di conoscere al meglio i loro lettori e di impegnarsi al massimo per accontentarli, attraverso la raccolta e l’analisi dei dati che arrivano dagli stessi clienti, per capirli e costruire con loro un solido legame. Queste relazioni dovrebbero coinvolgere uno scambio tra i giornalisti e quei lettori che possono contribuire e possono ampliare gli sforzi di raccolta delle notizie.
Per fronteggiare tutti questi cambiamenti e il declino delle vendite della carta stampata, le aziende che fanno informazione dovranno inoltre trovare modi intelligenti per aumentare le loro entrate ricavando dei profitti anche dai contenuti digitali. Il futuro non sarà una risposta netta ai paywall, ma qualcosa di ibrido e permeabile, come vengono definiti già ora i metered paywall che fanno pagare per un valore aggiunto, per dei contenuti supplementari o per qualche extra o prodotto di nicchia. Sono fiducioso che sia possibile continuare ad offrire notizie di qualità che arricchiscano, trovando modi ingegnosi per far pagare un numero significativo di persone interessate a questo genere di servizio.
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Articolo pubblicato originariamente su Square, il magazine dell’Università della Svizzera italiana. Traduzione a cura di Alessandra Filippi
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