Ho sempre amato il cibo e adoro scrivere, al punto che ho speso l’ultimo anno a fare ricerca sul giornalismo culinario e da questo mese ho cominciato addirittura a insegnarlo, all’interno del primo corso europeo dedicato a questo argomento, offerto in Finlandia dalla Haaga Helia University of Applied Sciences. Qui, giornalisti, chef, food blogger, creatori professionisti di ricette e proprietari di ristoranti frequentano le lezioni di food journalism, partecipando anche a workshop di scrittura creativa sul cibo, creazione di ricette e fotografia delle pietanze.
La cucina, in fondo, è un grande tema e sempre più giornalisti ne parlano. Ognuno, di fatto, ha una propria relazione con il cibo e alcune sono più forti di altre: “è come il sesso, piace a tutti”, mi ha detto Elisabeth Raether, corrispondente per il cibo di ZEITmagazin (il settimanale del giornale tedesco Die Zeit), parlando della popolarità della cucina all’interno dell’ambiente mediatico.
Cosa ci vuole quindi a tramutare una passione in una professione? I principianti hanno moltissimo da imparare. Un buon food journalist, ad esempio, sa come funzionano l’industria culinaria e il business della ristorazione, comprende la catena del cibo e il significato di termini come “agricoltura sostenibile” o “cronut”.
Non bisogna essere necessariamente dei cuochi, ma aiuta decisamente sapere come si cucina e avere una vasta conoscenza degli ingredienti. Naturalmente, molto dipende anche dal tipo di food journalism con cui ci si vuole cimentare. Ci sono sempre più possibilità e campi da approfondire: ricette, notizie, assaggi in prima persona, libri di cucina, indagini, storie personali, articoli sulla legislazione alimentare, riflessioni sull’ambiente e, ancora, eventi e trend culinari.
Per diventare food journalist, di solito, è necessario aver frequentato una scuola di cucina o di giornalismo. In più, però, ci sono anche delle competenze essenziali per chiunque voglia scrivere sul cibo. Eccole:
1) “Mostrare, non raccontare”
Dianne Jacob, coach di scrittura e autrice, nella sua guida Will Write For Food, sostiene: “non dire ai lettori che non ti è piaciuto sederti al tavolo con tuo padre. Mostra loro come è stato. Falli sedere al tavolo con te, rendili presenti. Bisogna essere gli occhi, le orecchie, il naso e anche la bocca del proprio pubblico, in modo da trasportarlo all’interno della scena. C’era qualcuno che canticchiava in cucina? La sedia ha scricchiolato nel momento in cui si è seduti al tavolo? La portata di maccheroni aveva delle bruciature, ai lati, che erano proprio il particolare più succulento e pregustato?”.
2) Aggettivi
Come food journalist è necessario possedere un ampio repertorio di gusti, largo possibilmente tanto quanto gli aggettivi necessari per descriverlo. Le parole servono a descrivere non soltanto i sapori, ma tutte le sensazioni che si provano mangiando un piatto o un ingrediente: la consistenza, l’aspetto, l’odore, le emozioni. Un suggerimento agli aspiranti food journalist: dimenticatevi le parole “buono” e “delizioso”.
3) Curiosità
Provare cibi e ingredienti mai assaggiati in precedenza, entrare nelle cucine, visitare fattorie e industrie alimentari e parlate con le persone coinvolte nella catena di elaborazione del prodotto: sono queste le iniziative da prendere senza vergognarsi nel caso in cui non si conosca o non si capisca qualcosa, specialmente in mancanza di una formazione precedente in una scuola di cucina o un ristorante.
Il solo chiedersi “com’è fatto?” aggiunge nuove dimensioni e prospettive a un piatto o a un ingrediente. Significa inoltre essere corretti con il lettore, perché se non si sa qualcosa, è probabile che nemmeno il pubblico la sappia. La curiosità vi condurrà di fronte a luoghi e piatti che non avreste mai nemmeno immaginato.
4) Fact-checking
Davvero. Per esempio, se si sta scrivendo una storia sui biscotti cinesi della fortuna, non si deve per forza presumere che siano originari della Cina (infatti non lo sono). Non si devono fare presupposizioni. Nello scrivere sulla nutrizione bisogna fare attenzione: si è in grado di leggere una ricerca scientifica? Di collegarla a ricerche preesistenti?
Si sa veramente di cosa si sta parlando o sarebbe meglio consultare un esperto? Se le statistiche indicano che l’origano essiccato è una buona fonte di fibre, è riflettere bene su quale sia una la dose giusta prima di indicarla nella vostra storia intitolata “Dove ricavare fibre”. Sì, l’ho visto accadere.
5) Createvi la vostra voce, il vostro stile
Questa è l’unica maniera per emergere. Cominciate a scrivere come vi viene, non nel modo in cui pensate che dovreste scrivere. Dovete essere persone con cui i lettori possano relazionarsi, di cui possano fidarsi sentendo quasi di conoscerle. Di conseguenza, fateli entrare nelle vostre vite, condividete qualcosa di umano. Il pubblico non vive unicamente per sentire delle polpette di vostra nonna o della vostra torta perfetta, la vita quotidiana dà più spessore alla vostra scrittura, includetela e parlate anche dei vostri fallimenti.
6) Fatevi una vita
Come rispettabile critica di ristoranti finlandesi, Anna Paljakka una volta mi ha detto che bisogna vivere una vita che possa darti qualcosa di cui scrivere. Questo è il miglior consiglio che si potrebbe dare a un food journalist.
Articolo tradotto dall’originale inglese da Alessandro Oliva
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