Di questi tempi ci si domanda spesso perché e in che modo gli Stati Uniti siano giunti all’attuale situazione politica. Le risposte sono molteplici: alcuni sostengono che sia colpa dei bot e delle campagne di disinformazione sui vari social media, altri incolpano le azioni di aziende come l’ormai “defunta” Cambridge Analytica. Molti altri, invece, trovano che l’elemento più importante sia da attribuirsi all’interferenza russa, ora ben documentata.
Ma, secondo Yochai Benkler, Robert Faris e Hal Roberts, co-autori del libro Network Propaganda, la risposta risiede molto più vicino a casa. Il volume fornisce uno dei più completi studi sull’ambiente mediatico degli Stati Uniti durante il periodo delle elezioni del 2016 e ciò che emerge è un preoccupante stato di alterazione dell’informazione politica. Benkler e i suoi collaboratori hanno esaminato il dibattito pubblico attorno al voto tramite diagrammi basati su un impressionante – e molto probabilmente unica – analisi di circa 4 milioni di messaggi scambiati online sui social network (dal 2015 al 2018), nonché di siti web di testate giornalistiche cartacee, native digitali e radiotelevisive. Osservando chi fosse ad inviare link e a chi (il che funge da indicatore di influenza), i tre ricercatori di Harvard hanno rilevato che la campagna presidenziale, e in seguito la presidenza Trump, sono state trattate e discusse in un ambiente mediatico asimmetrico e molto polarizzato.
Da una parte, vi è una rete d’informazione tradizionale che comprende voci e testate giornalistiche del centro-destra come il Wall Street Journal, del centro-sinistra, come il New York Times e il Washington Post, nonché dell’estrema sinistra, come Mother Jones. Benché queste tre siano fortemente connesse tra loro, Benkler e i suoi colleghi evidenziano l’esistenza, a destra, di un’altra rete, molto più distorta e isolata: quella dei media, delle voci e delle fonti di estrema destra. Come uno degli autori, Hal Roberts, ha spiegato in un suo intervento pubblico, queste testate “operano in un mondo mediatico tutto loro”. Stando alle scoperte dei ricercatori, la destra è generalmente molto più isolata, estremista e partigiana di quanto non sia la controparte – con conseguenze drammatiche.
Mentre la rete delle testate tradizionali aderisce quasi sempre agli standard giornalistici, quella di estrema destra è regolarmente pervasa da voci, teorie complottiste, attacchi e disinformazione, come dimostrano Benkler e i suoi colleghi con le loro basi empiriche. Secondo i ricercatori, Fox News di Rupert Murdoch è da considerare tra i peggiori responsabili (e probabilmente non è una sorpresa). Può succedere, per quanto raramente, che errori e materiale propagandistico vengano diffusi anche dalla rete tradizionale, ma generalmente questi errori vengono contestati e corretti rapidamente da altri “concorrenti”.
Purtroppo, non avviene altrettanto nell’estrema destra. Siti hyperpartisan di estrema destra come Breitbart e The Drudge Report fanno ampiamente uso di strategie volte a distrarre, disorientare o manipolare con l’intento di spingere l’ideologia conservatrice verso l’estrema destra, mettendo nel frattempo da parte le metodologie e le pratiche standard del giornalismo. Il risultato è una sfera mediatica spaccata in due. Da una parte si cerca di attenersi alla verità. Dall’altra si trova un sistema mediatico in cui non ci si assicura tanto che i messaggi trasmessi siano veritieri, quanto che siano idonei al proprio ambiente. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
Video della presentazione di “Network Propaganda”
Articolo tradotto dall’originale inglese da Claudia Aletti
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