Nikos Pappas, Ministro dello Stato greco, spera di spezzare il sistema corrotto di mutua interdipendenza che lega media statali, politici ed élite economiche in Grecia. Il nepotismo e l’incapacità hanno impedito ai precedenti governi di regolare adeguatamente il settore mediatico: Pappas è convinto che per ottenere questo cambiamento sarà sufficiente assegnare le licenze alle emittenti tv nazionali, che essenzialmente operano con permessi temporanei fin dalla fine degli anni ’80.
A inizio settembre il governo guidato da Syriza ha lanciato un’asta per l’assegnazione delle licenze tv piuttosto controversa, il cui obiettivo era tagliare il numero di canali televisivi nazionali da otto a quattro. L’asta, che ha raccolto 246 milioni di euro, ha assegnato licenze alle emittenti Skai, Antenna e ad Alter Ego TV, un nuovo canale di news di proprietà dal magnate dei trasporti marittimi – e proprietario della squadra di calcio Olympiacos – Evangelos Marinakis. La quarta licenza è stata assegnata invece al magnate delle costruzioni Yiannis Kalogritsas, che ha poi deciso di ritirarsi dalla gara. I canali Alpha TV e Star Channel hanno fallito nell’assicurarsi una licenza, mentre Mega TV, la prima emittente privata della Grecia, fondata nel 1989, non è nemmeno riuscita a qualificarsi per competere.
È troppo tardi per salvare il giornalismo indipendente in Grecia?
Tuttavia, Nikos Pappas sembra non centrare il punto cruciale del problema. Il danno inflitto al giornalismo indipendente greco negli ultimi decenni potrebbe essere irreparabile. L’ultimo Digital News Report del Rueters Institute for the Study of Journalism mostra che la fiducia nelle notizie è al livello più basso in Grecia, fra i 26 paesi in cui è stata condotta la ricerca, un risultato che combacia con quelli del recente sondaggio Eurobarometer, secondo il quale solo il 20% dei Greci si fiderebbe di un’istituzione televisiva.
Con la credibilità definitivamente intaccata e un’economia a brandelli, far quadrare i conti è una sfida impervia per i professionisti dei media in Grecia. “È a questo punto che l’etica e gli standard possono essere compromessi”, sostiene Nick Malkoutzis, editor di Macropolis, una testata basata sugli abbonamenti che si occupa di analisi economica. “Non è insolito per i giornalisti ricevere telefonate da politici o uomini d’affari che chiedono loro di non pubblicare qualcosa”, ammette invece George Pleios, Direttore del Dipartimento di comunicazione e studi sui media all’Università di Atene, aggiungendo che in alcuni casi “tale pressione può assumere la forma di una proposta di finanziamento”.
L’ambiente mediatico in Grecia sta divenendo sempre più ostile, soprattutto per chi non è impiegato in grandi aziende. “I giornalisti indipendenti devono provare di non appartenere all’ambiente tossico dei media tradizionali”, dice invece Tassos Morfis di AthensLive, un progetto di informazione finanziato in crowdfunding lanciato di recente.
Giornalismo investigativo minacciato dagli interessi personali
Non sorprende che la Grecia sia stata protagonista di una delle retrocessioni peggiori di sempre nel World Press Freedom Index, perdendo ben 50 posti nel 2015, e recuperandone solo due nel 2016. Poiché il quadro normativo inadeguato ha fallito nel proteggere i giornalisti dalle pressioni esterne, il giornalismo investigativo è quello a subire maggiormente questo stato delle cose.
Basti prendere l’esempio del The Press Project, un organo investigativo che si finanzia in maniera indipendente. “Dal 2010, sono state intentate contro di noi 11 cause per diffamazione, tutte vinte in tribunale”, dice Costas Efimeros, fondatore del sito.
“La legge sulla stampa greca è particolarmente problematica. Le sue molte disposizioni conflittuali fanno sì che le decisioni dipendano interamente dalla discrezione del giudice”, continua Efimeros. Un recente scoop di The Press Project sull’evasione fiscale che ha coinvolto Evangelos Marinakis, l’armatore greco che possiede Alter Ego TV, ha dovuto essere sottoposto a un controllo “parola-per-parola” da parte di un legale prima di essere pubblicato al fine di evitare possibili azioni legali.
L’International Press Institute ha recentemente chiesto al Governo greco di abrogare tutte le leggi di diritto penale che possono essere utilizzate per silenziare i giornalisti. Un progetto di legge approvato lo scorso dicembre che puntava a combattere la facilità con cui i giornalisti possono essere portati in tribunale per diffamazione, è ad esempio un passo nella giusta direzione.
C’è bisogno di un ente di regolamentazione indipendente
Anche gli standard professionali devono essere sostenuti. In Grecia non esistono enti di regolamentazione indipendenti che responsabilizzino i media del Paese e che proteggano i diritti individuali dei giornalisti al fine di sostenere la libertà di espressione per la stampa. L’Unione dei giornalisti dei quotidiani di Atene “copre solo i diritti del lavoro e non protegge i giornalisti dall’arbitrarietà applicata dai propri datori di lavoro nell’esercitare la propria professione”, sostiene a questo proposito il Prof. Pleios. Impantanate nel clientelismo, le fazioni dell’Ente sono versioni giornalistiche dei partiti politici costituiti “che giocano un ruolo chiave, anche in merito alle sanzioni disciplinari”, fa sapere ancora Pleios.
Il Consiglio nazionale per la radio e la televisione (NRCTV) è l’unico watchdog dei media operativo nel Paese, ma, a dire il vero, al momento è nei fatti inattivo. “Da quando il mandato di alcuni membri è scaduto, il Consiglio non si riunisce più, non prende decisioni, né è nella posizione di imporre sanzioni”, spiega Pleios. Sicuramente, se il Quarto Potere funzionasse correttamente nel luogo di nascita della democrazia, Nikos Pappas dovrebbe far nascere un contesto istituzionale che protegga i giornalisti e permetta loro di fare il proprio lavoro correttamente. Rimettere il NRCTV a lavoro sarebbe un buon inizio.
Articolo tradotto dall’originale inglese da Giulia Quarta
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